Orazione per la tumulazione delle ceneri di Piero Elter

Cogne, 29 maggio 2012

Cari Marco e Barbara,
Cari Chiara, Francesco e Jimy,
Cari familiari,

comprendiamo quanto sia difficile per voi accompagnare alla tumulazione le ceneri del padre e del nonno, Piero, il dott. Elter, affinché siano onorate come meritano la sua illustre carriera professionale e la sua irreprensibile condotta umana e possa lo spirito riposare in questo meraviglioso anfiteatro naturale che è la Valle di Cogne, tra i verdeggianti Prati di Sant’Orso, che in primavera s’addobbano di mille colori e di una distesa di gemme dorate e profumate.
Si rinnova il dolore della separazione, della privazione di quegli insostituibili affetti familiari, del vuoto incolmabile che lascia una grande anima.
Vi siamo grati al contempo di consentire a tanti e ai più, che rappresentiamo come ANPI, di rendere il dovuto omaggio e il sentito tributo a un partigiano, a Disperà, nome di battaglia di Piero, indispensabile nella lotta clandestina.
Un partigiano Piero, non per fatalità come talvolta pure accadde, ma per scelta. Un’adesione convinta, anche se era solo un ragazzo. Un ragazzo di sedici anni, costretto a crescere in fretta nell’inferno della guerra. L’adolescenza fugata da quei tempi bui, ottenebrati dalla dittatura. Ma matura Piero in una famiglia, gli Elter, in cui la scelta di campo dell’antifascismo fu netta. A partire dal padre Franz, antifascista della prima ora, al fratello Giulio, internato e poi partigiano, alla nonna Rosa Elter Tinetti, arrestata e incarcerata, al fratello Giorgio anche lui in prima fila nella Resistenza valdostana, tanto che al Pont-Suaz gloriosamente cadde a soli vent’anni sotto il fuoco nemico. Una giovane vita spezzata, una ferita che non rimargina e che segna tutti: in particolare il giovane Piero diventato partigiano, combattente per la libertà, causa che sposò e a cui rimase fedele per tutta la vita. Resistere alla barbarie di una guerra folle che si alimentava di odio fratricida e di furore razziale; e resistere all’idolatria del fascismo, del potere assoluto del singolo sulla massa di individui resa coattamente indistinta, resistere all’assoggettamento e al controllo delle coscienze sotto il giogo della dittatura, fu uno slancio autentico degli anni giovanili, che non venne mai meno nel corso della vita, anche quando, sotto forme diverse e più subdole, si riaffacciarono odi razziali, autoritarismi e populismi a minare la nostra democrazia ottenuta a così caro prezzo.

Certo la famiglia Elter non era nuova a atti di eroismo: lo zio Marco era stato un pluridecorato reduce della Prima guerra mondiale. Ma il coraggio non si impara; non quello che Piero seppe dimostrare combattendo insieme a colui che diventerà il Presidente della Repubblica, Sandro Pertini, nel drammatico conflitto a fuoco a monte del ponte di Chevril (alla Presa), il 2 novembre del ’44 per difendere la Repubblica di Cogne. Nonostante le urla del comandante Plik, Giuseppe Cavagnet, che gridava disperatamente, al fine di rincuorare i suoi partigiani, di risparmiare i colpi, nella fitta nebbia che inondava la vallata il panico si impadronì dei partigiani armati solo di moschetto e, sotto l’infuriare del violentissimo fuoco alla cieca delle terribili armi automatiche dei demoni teutonici e dei loro vili alleati di Salò, molti scapparono. Non Piero, che rimase al suo posto.
Il coraggio non è scontato quando si è soli. Un comandante come Mésard, Cesare Olietti, lo intuì nel cuore del giovane Piero e gli affidò la sorveglianza della radio che consentiva di ascoltare Giulio Dolchi nella trasmissione Radio Vallée d’Aoste Libre e che iniziava con le parole “Pour que nous puissions dire demain notre parole…”
Così, quando un tecnico cercò di portare via la radio da Cogne e di sabotarla, si trovò davanti la rivoltella del diciassettenne Piero che lo dichiarava in arresto, dimostrando anche sangue freddo perché l’azione dissuasiva fu sufficiente.

Da anni insegno ai giovani a stringere la mano di un partigiano, perché quella stretta diventi un simbolico passaggio di testimone fra la generazione, che combatté il fascismo e vinse, e quelle future, che ne ebbero testimonianza diretta e che dovranno far vivere questa memoria. Non avrei mai pensato che stringendo la tua mano Piero, dopo l’aperitivo al bar Deorsola di Aosta, in occasione della foto degli ultimi partigiani viventi per il manifesto del 25 aprile 2012, sarebbe stata l’ultima volta che ci saremmo visti. Ora quella stretta di mano deve mantenere l’impegno; e son qui a dirti che non fu invano il tuo eroismo.

Dopo la guerra vennero gli studi di geologia. La laurea presso l’Università di Ginevra. Geologo per imprinting della famiglia lussemburghese che da generazioni si occupava di miniere. E un incarico importante a Pisa, seguito da una carriera prestigiosa.
I tuoi colleghi universitari della SGI nel riconoscerti straordinarie qualità di studioso e ricerche brillanti di valore internazionale che ancora conservano attualità scientifica, esplicitamente affermano: Piero Elter era uno dei personaggi più genuini, intellettualmente onesti e sinceri che si siano conosciuti.

Un attestato di stima profonda per l’uomo oltre che per lo scienziato. E mi sono ricordato che alcuni storici del padre Franz avevano scritto: ha lasciato una testimonianza indelebile nella memoria dei valdostani per la sua chiara e ferma onestà intellettuale. L’onestà, una bella dote di famiglia, che hai saputo vivificare.
Se certo il coraggio è la dote straordinaria di chi combatte, del partigiano Piero, l’onestà intellettuale è forse la virtù più grande in tempo di pace, del dott. Elter; e impresa non scontata coltivarla in una società dove spesso si fa largo la mediocrità e la corruzione.
Questa integrità morale è l’insegnamento più grande che ci lasci. Tu che, privato dell’affetto e della vicinanza di tua moglie Paola hai scelto di tornare a vivere qui, a Cogne dove eri nato. Quasi a chiudere idealmente il cerchio della tua intensa ed esemplare vita terrena.

E il coraggio di cui desti prova da giovane non ti mancò neanche negli ultimi difficili anni in cui con dignità hai affrontato le insidie di una malattia che minava il tuo fisico forte e temprato. Una malattia che ti aveva negato il piacere del canto con gli amici. Ma hai sempre lottato e non hai neppure rinunciato alla passione per lo sci sulle amate piste di Pila.
Sei stato, fino in fondo, un grande uomo.

Ecco che, come in un racconto favoloso di Astrid Lindgren, il ragazzino che allevava le vespe nella Villa della direzione della Miniera a Cogne, l’uomo che amava e conosceva gli animali del Parco che tanto destavano il suo interesse di naturalista e amante della natura e degli spazi aperti, il partigiano che si è battuto per la libertà della sua terra, soffrendo con la famiglia le tragedie della guerra e il sacrificio del fratello, il geologo che ha condotto una vita nell’onestà e nella dignità del lavoro termina il suo lungo cammino terreno nel punto da cui era partito: chissà se ci sono ancora le vespe che ronzano e fanno il nido nelle fessure dei muri o sotto il tetto della Villa?
Quello che è certo è che lo spirito di Piero continuerà a percorrere queste montagne, a risalire lungo i sentieri fino alle cime, correrà a balzi coi camosci e gli stambecchi, canterà con gli uccelli e si alzerà in volo sopra di noi sulle ali dell’aquila.

Noi non ti dimenticheremo, perché ti siamo grati per tutto quello che hai fatto, per noi e per le generazioni che verranno.

Grazie Piero

Antifascisti sempre!

12 thoughts on “Orazione per la tumulazione delle ceneri di Piero Elter

  1. Non ho mai avuto l’onore di conoscere il signor Piero ma ho avuto l’onore di conoscere e ad apprezzare le lezioni di geologia impartitemi dal figlio, il professor Franco Marco Elter. Col cuore vi dico che un figlio così innamorato del suo lavoro può nascere solo da un grande padre!

  2. Ho conosciuto e frequentato Piero Elter come professore e come uomo, a Pisa e a Calci, dove abito… Come ho già avuto modo di dire a Marco, è mancata una bella persona… e questo glil’ho detto prima di sapere tutto quello che è scritto sopra. Ed il fatto che non si sia mai “vantato” di tutto quello che ha fatto è una ulteriore conferma che ERA VERAMENTE UNA BELLA PERSONA…

  3. Non conoscevo Piero Elter, purtroppo, ma sapevo che era un grande uomo, un antifascista convinto, una persona degnissima. Certo la perdita di simili persone è una mancanza incolmabile; speriamo almeno che le giovani generazioni siano degne di tali esempi. Giorgio Nobili

  4. Ciao Piero…
    .” Voglio andare a casa…” Questo mi hai detto l’ultima volta che ti ho visto…Ora finalmente sei a casa…..
    Voglio ricordarti felice di vivere nella TUA Cogne, in mezzo al prato, come quando portavi in giro Francesco sulle spalle e cantavate insieme: “Fra Martino….”
    Arrivederci, Anna

  5. Ciao Nonno…grazie per le risate, i consigli, i rimproveri e le avventure che abbiamo vissuto insieme…vivranno per sempre nel mio cuore….

  6. Ho voluto aspettare molto tempo per cercare di superare la tristezza di aver perso un papà così al di fuori del normale: aveva anche un’altra dote…rispettava la libertà altrui purchè fosse rispettata la sua…..la tristezza riesco a superarla grazie a queste parole stupende….

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