Pequeno resumen (Per chi non ha tempo da perdere): Di come si rese necessario affrontare la questione delicata del potere con la designazione dei Lustrascarpe
San Diego de Escobar, 14 aprile 1823
Può parere strano ma alla fine anche la più comoda poltrona, quella del Presidentissimo, può diventare scomoda.
Un’infinità di problemi dovevano essere affrontati anche nell’Isola più felice del mondo. Sembrava quasi fatto a bella posta che la gente si ammalasse e pretendesse di essere curata.
Per secoli erano stati sufficienti infusi e tisane delle magiche erbe medicinali. La malva e i fiori di tiglio, il tarassaco e la melissa avevano fatto miracoli. Ma ora anche gli anziani si ammassavano nel Pronto soccorso per chiedere cure da gran signori, con chirurghi e sofisticati medicinali: tutti illusi dalle multinazionali farmaceutiche che sostenevano essere migliori dei guaritori, degli sciamani e dei curanderos che pure avevano appreso l’arte loro dai discepoli di San Benedetto da Norcia e dai suoi monaci.
E ogni giorno arrivavano sul tavolo pletore di doglianze delle più varie specie, tanto che i pappagalli tropicali e australi, che riempivano le voliere dell’ufficio, non riuscivano neppure a imparare a sillabare i vocaboli di queste preghiere, che sempre implicavano anche delle questue. Si limitavano a ripetere con la loro voce roca: sfrat-ti, li-ste d’at-te-sa, li-cen-zia-men-to, tas-se.
Accontentare tutti era diventato difficile. Un tempo bastava una manciata di caramelle e una bella pacca sulle spalle. Poi si erano lanciati i confetti dall’auto presidenziale in corsa. Infine dal balcone del Palazzo Major si erano gettati cesti interi di brioche. Macché! I croissant non bastavano più! Qualcuno pretendeva la ciambella! E altri ebbero la sfacciataggine di chiedere a gran voce un bombolone.
Volevano mangiare come il Presidente (che ne ingurgitava in fretta e furia, tre o quattro, prima di mettersi al lavoro). Guarda un po’ cosa accade a lasciare circolare l’idea di democrazia. La gente pensa davvero che si sia tutti uguali. Non ha più rispetto per le cariche. Non ossequia più gli eletti. Anzi pretende di cambiarli ogni 4/5 anni: proprio quando questi cominciano a prendere confidenza con il potere, li vorrebbero sostituire. Son i rischi di aver insegnato a leggere, scrivere e far di conto a tutti. E tutti poi si credono capaci di governare.
Viste le difficoltà di addomesticare un popolo così pretenzioso, il Presidentissimo, aveva bisogno di persone fidate per gli incarichi più delicati. Certo aveva i suoi fedelissimi colonnelli, da cui però doveva guardarsi bene. Finché si trattava di costruire funivie, palazzi, ponti e centrali idroelettriche, non c’erano problemi. Ma rimanevano altre incombenze ben più importanti.
Il Presidentissimo doveva infatti cambiarsi le scarpe 5 volte al giorno e indossare scarpe perfettamente lucide. Dopo la questione della macchia sulla divisa (vedi la prima puntata) non voleva aver più problemi di sorta. Facendo una fatica terribile a piegarsi, poiché era fermamente incollato alla poltrona, decise di selezionare 5 lustrascarpe di gran valore. L’operazione non fu facile. Molti ambivano a quel ruolo prestigioso. Ma pochi sapevano annuire e chinarsi con il naso a terra ogni volta che il Presidentissimo diceva qualcosa. Gli capitava talvolta di dire delle corbellerie; e subito qualcuno s’agitava e gli faceva un cenno che non andava bene. Il Presidentissimo ringraziava; ma poi faceva dare una gran pedata nel sedere a chi si era permesso di contraddirlo. I consigli son sempre ben accetti, pure non bisogna lasciare che si insinui l’idea che uno qualunque possa consigliare il Potere (che non ha bisogna di consigli perché è l’incarnazione del Sapere Supremo, SS). Si avvide però che nella cerchia degli eletti dal popolo vi erano alcuni che brillavano per la capacità di leccare i francobolli, che ancora servivano sull’isola per mandare le lettere (sempre da preferire ai messaggi elettronici che erano facilmente falsificabili). Inoltre erano capaci di dire il contrario di quello che avevano sostenuto il giorno prima, pur di ingraziarsi il Presidentissimo; e se allenati a dovere potevano ripetere i vocaboli meglio dei pappagalli.
Ne scelse dunque 5, per lustrargli le scarpe alla mattina, a mezzogiorno, nel pomeriggio e alla sera. Accortosi che gliene bastavano quattro, pensò di usare il quinto per rilucidare le scarpe già lucidate dagli altri e rileccare i francobolli, e ripetere quando già avevano detto gli altri, cambiando sempre la versione il giorno seguente.
Soddisfatto di aver risolto il problema più importate dell’Isola e di aver instaurato il quieto vivere, poteva dunque ora il Presidentissimo affrontare qualcuna delle doglianze del popolino capriccioso, che nonostante avesse i croissant voleva i bomboloni!
Ma questa è un’altra storia…
